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Un'istantanea approfondita, quella appena pubblicata da Unioncamere, sul sistema italiano dell'innovazione dopo la frenata del 2023: il settore riparte lentamente, ma con imprese più solide, selettive e consapevoli delle proprie strategie di crescita e posizionamento competitivo.
L'Italia delle Startup nel 2025: luci e ombre di un ecosistema in evoluzione
Al termine del primo trimestre del 2025, le startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese sono 12.170. Si tratta di realtà che si contraddistinguono per caratteristiche tecniche e organizzative precise, che rispondono ai requisiti del MIMIT e accedono a regimi agevolati e servizi dedicati.
Una crescita rallentata ma costante
Sono solo 47 in più rispetto alla fine del 2024, confermando una ripresa debole ma presente, dopo la contrazione dell'anno precedente.
Tra il 2019 e il 2023, il numero di startup era cresciuto da 10.893 a 14.264 (+23%), a dimostrazione di un periodo di forte slancio e fiducia verso il settore dell'innovazione.
Nel 2023, tuttavia, si è registrato un calo del 6,1% che ha portato le startup a quota 13.394.
Secondo il MIMIT, la causa principale risiede nelle interruzioni delle catene del valore globali, oltre che nell'aumento dei costi energetici legato alle mutate condizioni geopolitiche e ai conflitti in corso.
Meno startup, ma più performanti
Nel quarto trimestre del 2024, le startup innovative impiegavano complessivamente 15.749 dipendenti, con un incremento di 122 rispetto al trimestre precedente.
La produzione aggregata ha raggiunto 1,7 miliardi di euro, una cifra che rappresenta 207 mila euro di media per azienda.
Questi dati dimostrano una capacità crescente delle startup italiane di generare valore e occupazione qualificata, anche in un contesto di maggiore selettività del mercato.
Il 44,2% è già in utile, mentre il 55,8% delle imprese chiude in perdita, situazione fisiologica nelle fasi iniziali di attività ma che merita attenzione per l'accesso al credito e ai capitali di rischio.
Una struttura patrimoniale più solida e ambiziosa
Le startup italiane mostrano una spiccata propensione all'investimento in asset strategici: le immobilizzazioni rappresentano il 29,7% dell'attivo patrimoniale netto.
Si tratta di un dato significativo, che è quasi nove volte superiore rispetto alla media delle nuove società di capitali tradizionali.
Questo suggerisce un approccio imprenditoriale più orientato alla crescita, ma anche un'esposizione maggiore al rischio tipica dei modelli di business fortemente innovativi.
Incubatori e acceleratori: il supporto strategico cresce e si specializza
Il report evidenzia la presenza di una rete strutturata e in evoluzione di 239 incubatori e acceleratori attivi, di cui 64 definiti "puri" secondo la classificazione del Social Innovation Monitor del Politecnico di Torino.
Queste strutture rappresentano un punto di riferimento per la crescita dell'ecosistema startup, pur con un leggero calo numerico rispetto al picco registrato tra il 2014 e il 2019.
Tuttavia, è in corso una maggiore specializzazione regionale e settoriale, che consente di offrire servizi più mirati.
Oltre 150 strutture sono di natura privata, mentre le restanti sono pubbliche o a partecipazione mista.
Il fatturato medio è di oltre 2,6 milioni di euro all'anno, e ogni struttura riceve in media 194 richieste di accesso.
I servizi spaziano dall'accompagnamento manageriale alla tutela della proprietà intellettuale, fino al supporto nella misurazione dell'impatto sociale e ambientale, diventato un parametro sempre più richiesto da investitori e policy maker.
Nord sempre trainante, ma il Sud cresce
La distribuzione territoriale continua a vedere il Nord-Ovest come leader, con il 34,7% delle startup italiane.
Segue il Sud con il 21,1%, quindi il Centro con il 20,6%, il Nord-Est con il 17% e infine le Isole con il 6,6%.
La Lombardia conferma il suo ruolo centrale, con circa il 27,4% delle realtà innovative registrate, mentre Milano guida tra le province con il 19,7% del totale nazionale.
Tuttavia, si registra un fermento crescente anche in regioni meridionali e insulari, grazie al supporto di fondi PNRR, politiche di sviluppo territoriale e una nuova generazione di imprenditori digitali.
Scale-up e tecnologia: il valore del capitale intellettuale
Tra il 2019 e il 2023, il 6,6% delle startup è riuscito a superare la fase di early stage, completando con successo il processo di scale-up.
Ciò significa che hanno superato il milione di euro di fatturato o capitale sociale, raggiungendo dimensioni operative più strutturate e attrattive per investitori istituzionali.
Nelle realtà che detengono brevetti in ambiti tecnologici strategici, la percentuale di scale-up sale al 12,6%, evidenziando il ruolo cruciale della proprietà intellettuale come leva di competitività.
Un posizionamento europeo da valorizzare
Secondo il Global Startup Ecosystem Index 2024, l'Italia è 28ª nella classifica mondiale per ecosistemi startup, ma quarta in Europa.
Con poco più di 12.000 realtà innovative, il nostro Paese rappresenta circa il 9% del panorama europeo.
Un risultato interessante, ma che evidenzia anche margini di miglioramento, soprattutto sul piano dell'internazionalizzazione, della scalabilità dei modelli di business e della valorizzazione dei talenti STEM.
Incentivi e prospettive future
Le startup innovative continuano a godere di misure agevolative significative, tra cui l'esonero dal pagamento del diritto annuale camerale per tutta la durata dell'iscrizione nella sezione speciale.
A ciò si aggiungono misure regionali, fondi per la transizione digitale e green, bandi PNRR e opportunità di finanziamento europee, che possono rappresentare una spinta ulteriore per il rafforzamento dell'intero comparto.
Con una base più solida, un ecosistema di supporto in evoluzione e una crescente maturità imprenditoriale, l'Italia delle startup può ora ambire a un modello di crescita sostenibile basato su qualità, impatto e specializzazione.